E' morto Enzo Cannavale

Scompare a 82 anni un altro pezzo della Napoli che fu. L'attore Enzo Cannavale è stato, infatti, uno dei migliori portatori della napoletanità in Italia e nel mondo... caratterizzando personaggi, sia in teatro sia al cinema, che incarnavano la tipica natura partenopea del “tira a campare” e dell'ingegno affinato dall'indigenza.

Scoperto da Eduardo De Filippo, comincia a calcare i palcoscenici partecipando alle migliori creazioni di quest'ultimo (da “Fortunato!” a “Miseria e nobiltà”), ma è soprattutto al grande schermo che deve la sua popolarità. Esordisce nel 1949 in “Yvonne la nuit!” di Giuseppe Amato (anche se non accreditato) e da quel momento intraprende una carriera inarrestabile, che lo porta a lavorare in quasi cento film con registi di spicco del panorama cinematografico nostrano. Da Dino Risi (“Operazione San Gennaro”, 1966) a Francesco Rosi (“C'era una volta…”, 1967), da Carlo Lizzani (“Roma bene”, 1971) a Alberto Lattuada (“Bianco rosso e…”, 1972), tutti si innamorano dell'irresistibile verve comica e dell'immediatezza espressiva di Cannavale, tanto da regalargli ruoli, pur se secondari, di indubbio risalto delle sue doti recitative.

I primi anni Ottanta segnano il momento di maggiore notorietà grazie alla partecipazione ai “Bmovies” all'italiana, che lo vedono al fianco di Edvige Fenech, Bud Spencer e, soprattutto, di Bombolo con il quale forma una coppia di successo. Il 1988 rappresenta, indubbiamente, il suo anno di grazia perché, oltre a essere inserito nel cast di ben cinque lungometraggi, ottiene una piccola ma indimenticabile parte in “Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore, vincitore dell'Oscar, e guadagna un prestigioso David di Donatello di miglior attore non protagonista per il corale “32 dicembre” di Luciano De Crescenzo.

Rimane questa la sua performance più riuscita poiché nei panni di Alfonso Caputo, protagonista del terzo episodio intitolato “I penultimi fuochi”, riesce a mescolare sapientemente ironia e malinconia, creando un personaggio al limite del grottesco. Attivo fino al 2010 (“I delitti del cuoco” di Alessandro Capone), lascia un vuoto artistico difficilmente colmabile dagli interpeti della commedia attuale.

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