FotoGrammi 2012 (1)

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Alquanto meno una finestra di Luisa Paola Giancristofaro Anni Ruggenti di Luigi Zampa Callicchio Lorenzo , uomo semplice, rimasto solo dopo la morte del figlio in Africa, scrive al Duce una lettera, per avere una casa ed una finestra da cui affacciarsi e pregare per Lui ( “… che ce n'hai tanto bisogno… “). Dalla finestra Callicchio vorrebbe rivolgere la sua preghiera a Dio per il Duce in persona, che ha tanto bisogno di essere aiutato, perché si occupa del bene comune, come un buon pater familias… Purtroppo però, il gerarca ( interpretato da Manfredi ) non è gerarca e la lettera non verrà mai consegnata al Duce, sicchè quella finestra per Callicchio Lorenzo non si aprirà mai, perché non avrà mai una casa ed irrealizzato resterà anche il suo sogno di pregare per il Duce L'attesa di Alessandro Gattuso L'eclisse di Michelangelo Antonioni La Foto rappresenta Vittoria all'angolo di strada nell'attesa di qualcosa che non sa, ma sa che c'è. Dopo la rottura con il compagno si ritrova sola a girovagare nell'afosa metropoli estiva, assolata e deserta, l'impassibile volto della città riflette la sua angoscia. Le architetture fredde, l'angolo di strada, la fermata dell'autobus, il lampione, l'incrocio dei fili del tram riflettono l'incomunicabilità dei sentimenti, che genera eclissi emotive, momenti di annebbiamento e di insormontabile confusione mentale che inevitabilmente condizionano le relazioni sentimentali con gli altri e con se stessi. Si è soli in mezzo a tanti Cialtroneria Italica di Marco Cavalli Il sorpasso di Dino Risi La cialtroneria italiana nella sua icasticità più classica: “le corna” indirizzate ad un automobilista rivale (di altre infrazioni?) nel traffico veicolare di un qualunque centro urbano. Gesto popolare, oggi forse demodè, sicuramente da esportazione italian style all'estero. Colto con maestria dal mostro sacro Dino Risi, che affida al mattatore Gassman una maschera straordinaria arcitaliana di vita anarcoide e spensierata, veloce e spregiudicata, insofferente alle regole e caciarona, volgare ma ancora ingenua degli anni ruggenti del boom dei Sessanta. La foto vuole essere un omaggio semplice ad un fotogramma celebre di uno dei più bei film italiani di tutti i tempi Deambulazioni introspettive di Liliana Navarra L'eclisse di Michelangelo Antonioni Deambulazioni come metafore dell'introspezione. Linee neuronali tendono verso l'orizzonte che separa il nostro Io. Uno scatto congela la fusione, come il film, è un deambulare continuo nei labirinti metapsicologici, dove gli spazi fisici si mescolano e si diluiscono in quelli emozionali Delirio e allucinazione di Antonella Padulano Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini La foto vuole manifestare la malagiustizia che regna sovrana nel nostro Stato. Nonostante siano passati 50 anni dall'uscita del film (Mamma Roma) esso continua ad essere di un'attualità impressionante. Ancora oggi muoiono nelle carceri decine e decine di ragazzi( si pensi all'ultimo e non ultimo “affaire” Cucchi) che spesso sono al loro primo reato. L'immagine “doppia” nella sua esposizione è l'avvento della morte con la ipotetica “liberazione” verso la salvezza, un moto dell'animo/a verso la liberta. Il soggetto fotografato tenta di liberarsi dall'avvento della morte, dal senso imminente della fine che sente a lui vicina e attraverso il moto del corpo si spinge in avanti al fine di uscire dalla sua allucinata e allucinante condizione Il distacco di Alessandro Gattuso L'eclisse di Michelangelo Antonioni La foto rappresenta Vittoria che ha visto eclissare la sua storia d'amore. La profondità di campo della foto crea un distacco sia visivo che spaziale che coincide con la lontananza dei sentimenti dei due. Essi si trovano su due livelli differenti, lui, l'uomo ferito si trova in una zona di confine, vorrebbe parlarle, capire di più, ma per lei non c'è nulla che si possa spiegare: il sentimento si è spento. Per questo lo spazio diventa una misura della distanza. Vittoria lascia il suo fidanzato perché qualcosa in lei si è rotto, fa degenerare il suo amore per la vita in un disagio, un dolore che non può essere identificato, perché proviene da parti di se stessa e del mondo esterno. Entrambi rimangono irrimediabilmente divisi Distorsione di Giuseppina PaolaViscardi L'eclisse di Michelangelo Antonioni L'immagine è stata realizzata con fotocamera digitale senza uso di filtro alcuno. L'effetto di distorsione o ‘liquefazione' è dato dall'uso di un vetro di bottiglia posizionato davanti all'obiettivo. Il lampione (spento) in primo piano richiama esplicitamente l'interminabile sequenza finale del film, dove, nella totale assenza umana, resta solo la luce accecante del lampione a (in)animare la sera. Nello scatto fotografico il riferimento è al momento immediatamente precedente l'arrivo delle ombre. La città al tramonto, sul finire del giorno, è come liquefatta, sospesa in una lenta distorsione, ‘corpo' urbano in progressiva disgregazione, o disfacimento, che si fa metafora di un ‘impero alla fine della decadenza' in cui non c'è più spazio per l'uomo o per l'universo privato. Rimane solo l'assenza di chi non si presenta all'appuntamento serale (“Alle otto. Solito posto”), sottraendosi all'incontro col mondo, con l'altro, con sé stesso. Rimane solo un vago senso di stordimento e incompiutezza, di incomunicabilità e non-appartenenza Divieto di sorpasso! di Federico Righi Il sorpasso di Dino Risi In questa foto un divieto di sorpasso che si staglia contro il cielo è rafforzato da un ulteriore limite, il reticolato col filo spinato. Ma il divieto di sorpasso è stato preso di mira con un fucile caricato a pallini, evidenti sono i segni, sembra quasi a sfidarlo, quasi a misurarcisi. La società italiana, descritta nel film di Risi, meschina, infingarda, borghese, ipocrita, bigotta, qualunquista e arrivista, nonostante tutto, vuole sempre misurarsi con chi crede meglio di se, nella speranza di prendergli le misure e perché no, di sorpassarlo... L'eclisse di Alessandro Gattuso L'eclisse di Michelangelo Antonioni La Foto rappresenta Vittoria, la protagonista del film, ormai sola. La presa di coscienza della sua solitudine è concretizzata attraverso la visione della sua ombra che diventa il riflesso della sua anima, nera e inquieta ma allo stesso tempo consapevole del suo essere. In Vittoria si afferma l'amara certezza dell'invincibile solitudine degli uomini, l'insuperabile senso di estraneità dell'essere umano lucido di fronte alla propria vita e rispetto ad una società in continua evoluzione. La presa di coscienza della donna è accettata con amara consapevolezza, lei diventa il satellite che copre il sole creando l'eclisse, durante la quale anche i sentimenti si fermano. L'ombra cosi diventa la concretizzazione visiva dell'eclisse dei sentimenti e della solitudine dell'uomo Una furtiva lacrima di Anna Serrato Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini Il film da cui ho tratto ispirazione per le mie tre fotografie è il capolavoro di Pier Paolo Pasolini Mamma Roma. Il film racconta il dramma di Mamma Roma, una prostituta sottoproletaria che cerca il proprio riscatto sociale nell'integrazione in un mondo piccolo–borghese in cui intravede il miraggio di una vita migliore per se e per suo figlio. Purtroppo tutti i suoi tentativi di assimilazione a un modello piccolo-borghese sono destinati a fallire: tutte le sue conoscenze e le sue esperienze di prostituta non sono sufficienti a farla emancipare e la conducono verso il suo definitivo fallimento, figurativamente rappresentato dalla morte del figlio. Le immagini presentate al concorso fissano tre attimi per me fondamentali della storia di Mamma Roma. Le prime due, “Una furtiva lacrima” e “Un piatto di minestra” raccontano le due volte che il destino di Mamma Roma, impersonato dalla figura del suo protettore, bussa alla sua porta per costringerla a tornare a prostituirsi. La terza fotografia “Povero passerotto mio” rappresenta una sorte di ultima cena che precede il momento nel quale lei scoprirà che tutto è perduto e che la tragedia si è ormai consumata. Il film Mamma Roma è di un'attualità intensa per la sua vicinanza agli ultimi e ai diseredati. La storia di Mamma Roma trascende dal contesto storico dell'anonima periferia romana degli anni 60 in cui Pasolini l'ha ambientata e diventa simbolo senza tempo di un'umanità dolente che osa sfidare il destino al quale pare essere condannata. Pertanto, dal punto di vista tecnico, la scelta di ambientare le foto in un contesto moderno e di conservare l'anonimato per la donna rimarca la mia intenzione di sottolineare il valore universale del dramma di Mamma Roma. Infine, la scelta del bianco e nero è stata fatta per conferire alle immagini un'atmosfera “cinematografica” più drammatica che col colore sarebbe stata più difficile da ottenere

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